Considerazioni personali de “Tempi duri per i vivi”
“Tempi duri per i vivi” di Matteo Orlandi è un libro che ho apprezzato e che mi ha tenuto coinvolto nel corso della lettura. Ho inoltre apprezzato la trama originale e i vari riferimenti ai personaggi/film che vengono citati nel corso del libro. Una lettura e un autore che secondo me meritano tanto!!
Le frasi che mi sono piaciute
“Si passa una vita a rimandare decisioni convinti che ci siano un sacco di altri giorni per agire!”
“Non si può sapere cosa sarà della vita, anche solo il giorno seguente, quindi tanto vale cercare la propria felicità in ogni singolo momento per quanto possibile.”
Trama de “Tempi duri per i vivi”
Milo, Bart e Thomas sono amici; così diversi da risultare fin bizzarri, ma perfetti insieme. Uniscono indolenza, impulsività e concretezza in una quotidianità agrodolce. Vivono le loro giornate con ironica malinconia fino a quando subiscono una violenta scossa, scoprendo in prima persona quanto la vita sia in grado di mescolare le carte. Il terremoto che ne consegue trascina anche la bellissima e determinata Sal, grande amore di Milo, in un vortice di violenza e depravazione. I quattro scoprono un susseguirsi di efferati crimini e ci si immergono a capofitto.
Rischieranno la vita, tra improbabili aiuti, intrighi malavitosi e una piramide di criminali; dagli spietati burattinai, ai burattini da strapazzo.
Prologo
Maggio 2018
1.
Detesto gli indecisi.
Parlare di odio viscerale sarebbe esagerato, forse, ma diciamoci la verità: quanto sono irritanti quelle persone che passano interminabili minuti a guardare lo scaffale degli yogurt con la mano che oscilla sospesa tra il bianco senza zuccheri e la fragola senza lattosio?
Detesto anche quelli che saltano la fila accampando scuse più o meno credibili. “Devo ritirare la pensione”. “Sono incinta”. “Ho lasciato mio figlio in macchina sotto il sole”. Chi si credono di essere?
Detesto i bambini che urlano senza un motivo, gli anziani che guidano piano in mezzo alla corsia. Detesto anche i mercatini di Natale, sì anche loro.
L’elenco potrebbe essere pure più lungo, devo ammetterlo, ma posso affermare con analoga certezza che esiste tutta una serie di cose che amo. Oddio, tutta una serie… diciamo alcune. Una su tutte è riguardare a sfinimento gli stessi film. No, non sono pazzo. O meglio, ora sono certo di non esserlo.
Il sospetto di avere qualche rotella fuori posto mi ha sollecitato più volte, ma mentre recitavo a memoria le battute di Seven o Mongolia, il solletico passava. Dimenticato. Sepolto nelle profondità della mente come Atlantide.
Poi, non molto tempo fa, mi sono imbattuto in un articolo in grado di fornire una risposta piuttosto convincente al mio dubbio, al punto da farmi accantonare l’ipotesi di essere uno psicopatico o cose del genere. Era l’opinione di una psicologa sul processo mentale e inconscio che si scatena nel soggetti con atteggiamento simile al mio. Secondo i suoi studi, in un mondo come quello in cui viviamo oggi, in cui la paura del futuro imperversa e il nostro cervello è sempre pronto a scattare come un centometrista verso un attacco di panico al pensiero dell’ignoto, sapere già come finisce un film e che quella pellicola ci renderà felici fa sì che nell’atto della visione si provi un senso di conforto e di sicurezza unito al piacere di vivere un’emozione positiva.
Una specie di istinto di sopravvivenza da divano o, per dirla in maniera più cinica, la necessità di rifugiarsi nel passato per non dover vivere il presente. Finché il presente non ti riacchiappa a forza naturalmente…
L’autore de “Tempi duri per i vivi”
Matteo Orlandi nasce a Broni nel 1991. Consegue il diploma scientifico e coltiva la sua atavica passione per la scrittura. Amante del noir e del cinema e incapace di prendersi troppo sul serio, arriva a pubblicare il secondo romanzo. Nel 2022 pubblica Mabel con Bookabook.