“Le radici del male” di Maurice G. Dantec è stata una lettura che mi è piaciuta nonostante sia un po’ particolare. Ho apprezzato il fatto che la sua scrittura non sia banale e che sia caratterizzata da vari riferimenti sia letterari che storici. È un romanzo che consiglio ai lettori che hanno dei gusti particolari e che vorrebbero leggere un libro un po’ fuori dagli schemi.
Le frasi che mi sono piaciute
“Il mondo nuovo è il patrimonio del cielo e dell’inferno”
“Per lo Zohar, il peccato di cui l’uomo si è reso colpevole non è tanto di essersi voluto procurare la mela della Conoscenza… quanto di essersi impossessato della mela e di averla addentata, dopo averla staccata dall’albero, senza altro pensiero che il soddisfacimento immediato del proprio desiderio”
“…ma la sera, quando il sole tramonta sull’orizzonte in fiamme,
sguazziamo come bambini
nella luce e cerchiamo
di penetrare i segreti della nostra condizione.
A volte ci riesce pure di afferrare
la sfumatura fra la verità e la menzogna.”
La trama di “Le radici del male” di Maurice G. Dantec
Parigi, a cavallo tra secondo e terzo millennio. Affetto da psicopatia, Andreas Schaltzmann vive una “realtà” da incubo, nella quale è convinto di essere rimasto l’ultimo uomo a combattere i nazisti e gli alieni di Vega. Preda della follia, si difende come può: uccide e si nutre del sangue delle sue vittime. Schaltzmann non è l’unico a uccidere con tanta folle generosità: sull’impronta lasciata dai suoi delitti, altri vengono a imprimere il loro marchio. Quanti sono? Si conoscono? Qual è il disegno che si nasconde dietri i suoi omicidi?
Considerato da Valerio Evangelisti uno dei più grandi noir di fine millennio, scelto e tradotto da un profondo conoscitore della letteratura crime come Luigi Bernardi, “Le radici del male”, che ha vinto il prestigioso Grand Prix de l’immaginaire nel 1996, è un romanzo visionario, che ha saputo spostare i conflitti del giallo e fonderlo con la fantascienza cyberpunk e la narrativa di anticipazione, leggendo il mondo contemporaneo con le chiavi della tecnologia e della politica.
Prologo
Andreas Schaltzmann si è messo ad ammazzare perché il suo stomaco marciva. Il fatto non era isolato, tutt’altro: da parecchio tempo le onde emesse dagli Alieni gli scombinavano ogni organo. Il suo cervello era sottoposto a un fuoco di fila di radiazioni destinate a trasformare anche lui, come tutti gli altri, in un robot senza coscienza al servizio della macchinazione inumana.
Da anni i nazisti e gli abitanti di Vega si erano installati nel suo quartiere, e lui era sicuro che non si fossero limitati solo a quello. Dappertutto, fino ai più imboscati meandri dello Stato, il complotto delle Creature dello Spazio stendeva le sue ramificazioni distruttrici. Andreas poteva rendersene conto ogni giorno, guardando le trasmissioni televisive. C’era quel presentatore di giochi che complottava contro il Papa e il Primo ministro Balladur; tutto lasciava credere che trasformasse la gente in fantocci.
Si era già rasato la testa all’epoca, per “sorvegliare le ossa del suo cranio che cambiavano di forma”, ma dopo qualche tempo si era messo un cappellino da baseball per proteggersi dalle radiazioni psichiche.
L’autore di “Le radici del male”
Dantec nacque a Grenoble, in Francia, figlio di un giornalista e di una sarta. Mentre era ancora al liceo incontrò Jean-Bernard Pouy, futuro autore di romanzi noir come Le Poulpe, che ispirò Dantec a interessarsi alla narrativa noir. È stato anche musicista punk e romanziere, è stato uno dei protagonisti della scena letteraria francese a cavallo dei due millenni. Tra i suoi scritti vanno ricordati i romanzi La sirena rossa, Babylon Babies e il diario polemico e filosofico Théâtre des opérations.