Considerazioni personali
“T” di Chetna Maroo, finalista al Booker Prize, nonostante sia un romanzo breve é ricco di emozioni da trasmettere al lettore e ha tanto da raccontarci! Una storia di resilienza di un’intera famiglia, che nonostante tutto riesce comunque a risollevarsi. In particolare viene raccontata la storia di Gopi, una ragazzina che attraverso ostacoli e pregiudizi trova nello squash la sua “via di fuga”, per dimenticare il suo passato e soprattutto per crescere, per scoprire i suoi sentimenti, la sua vita, le sue potenzialità…
Con una scrittura essenziale, precisa e fluida l’autrice riesce comunque a far stare incollato il lettore sino alla fine del libro.
Le frasi che mi sono piaciute di “T” di Chetna Maroo
“Erano felici e il cielo non esisteva.”
La trama
Ha solo undici anni, Gopi, quando muore la madre. Per zia Ranjan lei e le due sorelle maggiori non sono che “selvagge”. Così ha detto al padre di Gopi: sottintendendo che non rispettano le regole della comunità indiana a cui appartengono. E aggiungendo che per dargli una mano è pronta a prendersi in casa una di loro. Per il momento, però, il padre pensa che le figlie abbiano bisogno di appassionarsi a qualcosa che le accompagni poi “per tutta la vita” – e decide che sarà lo squash. Non funzionerà per tutte: l’unica che diventerà sempre più brava, e continuerà caparbiamente a cercare di scoprire, fra le quattro pareti del campo (ma non solo), che cosa fare dei suoi sentimenti, della sua vita, delle persone che incontra, e a quali traguardi può aspirare, sarà Gopi. Ed è lei stessa a raccontarci quell’anno di lutto e di rinascita – l’anno in cui sperimenta il dolore e l’assenza, ma anche la tenerezza e la determinazione, i cambiamenti del corpo e le sue potenzialità, le regole e la necessità di trasgredirle – con una voce insieme pacata e audace, sommessa e perentoria. In questo suo primo romanzo, con uno stile essenziale, preciso, allusivo, la scrittrice angloindiana Chetna Maroo ci apre le porte di un mondo che ci era ignoto – e non è esattamente questa, come ci ha insegnato Kundera, la funzione del romanzo?
Il prologo di “T” di Chetna Maroo
UNO
Non so se siete mai stati al centro di un campo da squash, sulla T, ad ascoltare cosa succede nel campo vicino. Penso al suono della palla colpita da un tiro deciso, pulito. Un suono basso e fulmineo, come uno sparo, seguito da un’eco ravvicinata. L’eco della palla che batte sulla parete è più forte del corpo stesso. Ecco cosa sento quando ripenso a quell’anno dopo la morte di nostra madre, quando nostro padre ci faceva allenare a Western Lane due, tre, quattro ore al giorno. La prima volta che io ci ho fatto caso dev’essere stata una sera dopo la scuola. Avevo le gambe così pesanti che non sapevo se avrebbero retto e me ne stavo sulla T con la racchetta a testa in giù, a guardare il muro laterale coperto dai segni sbiaditi di tutte le palle che l’avevano sfiorato. Dovevo servire, mio padre avrebbe risposto con un dritto e io con una volée, mirando sempre alla linea di servizio sulla parete frontale. Mio padre aspettava a fondocampo. Dal suo silenzio capivo che non avrebbe fatto la prima mossa e non mi restava altro che servire e giocare di volée, o deluderlo. Le macchie sul muro si confondevano ed ero certa che sarei caduta. Fu allora che iniziò. Un ritmo costante e malinconico dall’altro campo, il colpo e l’eco, all’infinito, a suo modo liberatorio. Qualcuno si stava esercitando. E sapevo chi era. Rimasi in ascolto e quel suono penetrò in me, nei nervi e nelle ossa, e con la sensazione di essere stata salvata alzai la racchetta e servì…
L’autrice
Nata in Kenya, Chetna Maroo vive a Londra. Alcuni suoi racconti sono apparsi sulla “Paris Review” e le “Dublin Review”; nel 2022 ha ottenuto il Plimpton Prize for Fiction. Pubblicato nel 2023, T è stato finalista del Booker Prize.