Leggere non è un obbligo
“Il verbo leggere non sopporta l’imperativo”, scrive Daniel Pennac in Come un romanzo. Troppo spesso, però, la scuola trasforma la lettura in un compito da svolgere, da misurare con schede e riassunti. Così si spegne quel piacere autentico che ogni lettore dovrebbe prima di tutto provare su di sé.
Pennac parlava della “morte del piacere di leggere” in riferimento a una generazione cresciuta sotto l’influsso della televisione commerciale, che privilegiava il visivo e spegneva la curiosità per la parola scritta. Oggi quel fenomeno ritorna, ancora più accentuato, con l’arrivo di cellulari, tablet e social network, che invadono ogni spazio di attenzione e minacciano l’esperienza lenta, riflessiva, personale della lettura. Tra le giovani generazioni, recuperare quel piacere non è solo una sfida educativa, ma una vera e propria urgenza culturale.
Risvegliare curiosità e motivazione
Già nel 1985, con l’approvazione di nuovi programmi didattici, si cercava di contrastare questo impoverimento culturale. Nel DPR 104 del 12 febbraio 1985 si legge chiaramente la necessità di “far emergere il bisogno e il piacere della lettura (curiosità e motivazione)”. Questo principio è alla base di molti programmi didattici recenti, che cercano di spostare l’attenzione dalla verifica all’esperienza, dall’obbligo alla scoperta. Coltivare il bisogno di leggere significa creare le condizioni perché bambini e ragazzi vogliano davvero entrare in contatto con le storie, riconoscere sé stessi nei personaggi, provare emozioni, stupirsi, riflettere.
Il potere della voce, per tutta la vita
La lettura ad alta voce è una pratica potente, che dovrebbe accompagnarci per tutta la vita. Dai primi mesi di vita di un bambino – quando la voce di un genitore, anche prima della comprensione, costruisce legame e familiarità con le parole – fino alla scuola secondaria e oltre, la lettura ad alta voce offre ascolto, condivisione, empatia. Non solo: anche gli anziani, in contesti di fragilità o solitudine, beneficiano profondamente dell’ascolto di storie lette da altri.
Proporre letture ad alta voce senza richieste di analisi, senza voti, semplicemente per il gusto di ascoltare e lasciarsi coinvolgere, può fare la differenza. È un dono, un gesto gratuito, ma anche uno strumento educativo fondamentale.
Una rete per crescere lettori
Educare alla lettura richiede una rete solida tra scuola, famiglia e biblioteca pubblica. Non bastano progetti occasionali o eventi spot: serve un’azione quotidiana, coerente e condivisa. È così che si formano lettori abituali, capaci di scegliere, riflettere, pensare in modo critico.
Bibliotecari, insegnanti e genitori devono diventare alleati, agendo ognuno nel proprio ruolo, ma con uno scopo comune: far nascere lettori appassionati e consapevoli.
Libertà, emozione, condivisione
Promuovere la lettura non significa “far leggere di più”, ma far amare i libri. Significa far apprezzare le emozioni sottintese, i pensieri che emergono tra le righe, i silenzi pieni di significato. Solo in un ambiente che valorizza la libertà, l’ascolto e la condivisione può nascere un lettore autentico.
Educare alla lettura è, in fondo, educare all’umanità: al sentire, al pensare, al raccontarsi. E da lì può davvero nascere il cittadino di domani.
Buona lettura da Nina
Bibliografia:
- Come un romanzo, di Daniel Pennac
- Formare lettori, promuovere la lettura, di Silvia Blezza Picherle
L’immagine di copertina è stata creata con l’IA e non rappresenta persone reali.