Considerazioni personali su “La Malnata” di Beatrice Salvioni
Un libro ben scritto e molto coinvolgente. Le due protagoniste ci trasportano nella Monza fascista, e tutto è così reale e dettagliato che anche a noi sembra di stare lì con loro, ad inseguire lucertole e gatti nel Lambro.
Il prologo cattura l’attenzione e colpisce dritto al cuore, il resto del libro gli dà un senso. Il mondo in cui vivono Francesca e Maddalena è cattivo, traditore, violento e approfittatore, e sembra levare loro, poco a poco, tutti gli spiragli di luce e spensieratezza.
Le frasi che mi sono piaciute
“Dice così perché in guerra non ci può andare nemmeno da grande e deve rimanere qui a cercarsi un marito e a dargli i figli che poi diventeranno soldati. Me l’ha detto mio fratello, a me, che l’unica cosa che devono imparare a fare le femmine è a darsi senza pretendere, proprio come le donne del duce. Perché se sei uomo, le cose che vuoi, te le prendi e basta. Ce lo dice sempre papà.”
“-Ma tu davvero ci credi?
-A che cosa?
-A quello che hai detto sul palco. Alle cose sulla patria e sulle femmine.
-Non lo so. Non ci avevo pensato.
-È una cosa pericolosa.
-Che cosa?
-Le parole. Le parole sono pericolose se le dici senza pensarci.
-Sono solo parole.
-Non lo sono mai.”
La trama
La Malnata, edito da Einaudi, è un romanzo di formazione ambientato nell’Italia degli anni Trenta dominata dal regime fascista, segnata dalla guerra in Abissinia. La storia, narrata in prima persona da Francesca (figlia di un negoziante di cappelli e di una casalinga arrivista), si svolge a Monza, città finora poco esplorata dalla narrativa. La giovane dodicenne di origini borghesi si trova un giorno a spiare da lontano Maddalena, disprezzata e nota a tutti con il soprannome di Malnata perché, a quanto pare, capace di lanciare maledizioni. In realtà, la ragazza stuzzica e cattura l’attenzione di Francesca che sogna di diventare sua amica proprio in virtù di questo suo essere al di fuori di qualsiasi schema, ribelle e sicura di sé. L’amicizia che si instaura tra le due è qualcosa di davvero profondo che le porterà a crescere, a denunciare la sopraffazione e l’abuso di potere.
Il prologo
È difficile levarsi di dosso il corpo di un morto.
Lo scoprii a dodici anni, con il sangue che mi colava dal naso e dalla bocca e le mutande attorcigliate intorno a una caviglia.
I ciottoli della riva del Lambro mi premevano contro la nuca e il sedere nudo, duri come unghie, la schiena era affondata nel fango. Il corpo di lui mi pesava sulla pancia, pieno di spigoli e ancora caldo. Aveva gli occhi lucidi e vuoti, la saliva bianca sul mento e la bocca aperta che mandava un odore cattivo. Prima di cadere mi aveva guardato con la paura che gli contraeva la faccia, una mano ficcata nelle mutande e le pupille dilatate e nere che sembravano sciogliersi fino a colare sulle guance.
Era crollato in avanti, le sue ginocchia mi premevano ancora sulle cosce che aveva tenuto aperte. Non si muoveva più.
“Volevo solo che la smettesse”, disse Maddalena. Si toccava la testa lì dove il sangue e il fango si erano rappresi in un grumo di capelli aggrovigliati. “L’ho dovuto fare per forza”.
Si avvicinò, il vestito leggero le si era incollato alla pelle fradicia e le disegnava netti i contorni del fisico asciutto, nervoso. “Vengo”, disse. ” Stai ferma”.
Ma io a muovermi non c’ero ancora riuscita: il mio corpo era diventato una cosa dimenticata e lontana, come un dente caduto. Sentivo solo tra le labbra e sulla lingua il sapore del sangue e a respirare facevo fatica.
Maddalena si lasciò cadere carponi, i ciottoli scricchiolarono sotto le sue gambe nude. Aveva i calzini inzuppati e le mancava una scarpa. Si mise a spingere con entrambe le braccia contro il busto di lui, usò i gomiti, poi la fronte. Continuò a sforzarsi, ma non riusciva a spostarlo.
Da morte le cose pesano di più, come quel gatto nel cortile di Noè, pieno di terra, con le budella vischiose e un pugno di mosche che gli mangiavano il muso e gli occhi. L’avevamo seppellito insieme dietro il recinto delle oche. “Da sola non ce la faccio”, disse Maddalena. I capelli incollati alla faccia gocciolavano sui sassi. “Devi aiutarmi”.
L’autrice
Beatrice Salvioni è un’autrice italiana. Laureata in Filologia moderna presso l’Università Cattolica di Milano, ha frequentato inoltre la scuola Holden. Nel 2021 ha vinto il premio Calvino nella sezione racconti inediti con l’opera Il volo notturno delle lingue mozzate. Nel 2023 esce per Einaudi La Malnata, in contemporanea con Francia, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Turchia, e Bulgaria. Nel 2024 sempre con Einaudi pubblica La Malacarne.
