"Il Polacco" di J. M. Coetzee - copertinaConsiderazioni personali de “Il Polacco” di J. M. Coetzee

“Il Polacco” di J. M. Coetzee è stata una lettura intensa ma dalla scrittura leggera. Nonostante sia una storia abbastanza breve, riesce a far provare al lettore tante emozioni. Questo libro ci regala due esperienze diverse che ad un certo punto del romanzo si incrociano, anche se per poco.
E’ una lettura che consiglio a tutti!

Le frasi che mi sono piaciute

“Lo scontento non è raro. Scontento: chi non sa cosa vuole”
“L’amore che ho provato per te mi ha portato ad amare il bene.”

Trama de “Il Polacco” di J. M. Coetzee

Lei è una donna elegante, della buona società di Barcellona. Lui è un pianista settantenne, austero interprete di Chopin. Il nome di lei è Beatriz, quello di lui è così pieno di w e z che lo chiamano semplicemente “Il Polacco”. Dopo il concerto organizzato dal circolo musicale del Barri Gòtic e la successiva cena, non paiono destinati a rivedersi. A lei, in fondo il concerto non è neppure piaciuto: troppo secco e severo. Eppure, a distanza di mesi, il Polacco torna in Spagna: “Sono qui per te”. Da quando l’ha incontrata, la sua memoria è piena di lei. Beatriz assicura il Polacco, è per lui ciò che Beatrice era per Dante: il suo destino, la risposta all’enigma della sua vita. Beatriz non è d’accordo – “Io sono colei che sono” – , non apprezza i complimenti di lui, lo trova arido, cadaverico, privo di ardore.
Qualche giorno insieme a Maiorca, un’avventura incerta su una lingua, l’inglese, che non è di nessuno dei due. E’ tutto ciò che Beatriz concede al Polacco, alla sua ammirazione per lei. Poi più nulla. Ciò che rimane della loro storia, del cieco amore del pianista per la donna “delle domande profonde” sposata con un banchiere, è in ottantaquattro poesie scritte in polacco. Farle tradurre anziché bruciarle, o anziché lasciarle in appartamento di Varsavia, è l’unico modo che Beatriz ha per avvicinarsi per l’ultima volta a lui, al suo esasperante, nobile, indecifrabile amore. Ciò che ne risulta è un accesso mediato a un’opera imperfetta, al lascito di un uomo a cui “manca l’arte che ravviva la parola”.

Prologo

1. La donna è la prima a metterlo in difficoltà, seguita poco dopo all’uomo.
2. All’inizio gli è molto chiaro chi è la donna. E’ alta e graziosa; secondo gli standard convenzionali non si definirebbe una bellezza, ma i suoi tratti – occhi e capelli scuri, zigomi alti, labbra piene – colpiscono e la sua voce, sexy, e di certo non è provocante. Lo sarà stata forse da giovane – come non esserlo con quella figura? – ma ora sulla quarantina appare distante. Quando cammina – lo si nota subito – non muove i fianchi e procede scivolando leggera, rigida, perfino maestosa.
Così lui riassumerebbe il sua aspetto esteriore. Quanto al suo io, alla sua anima, c’è tempo perché si riveli. Di una cosa è certo: è una persona buona, gentile, cordiale.
3. L’uomo è più problematico. In teoria, anche lui è perfettamente trasparente. E’ un polacco, settantenne, un settantenne vigoroso, un pianista concertista, noto soprattutto come interprete di Chopin, ma comunque interprete controverso: il suo Chopin non è per niente romantico ma al contrario in qualche modo austero, Chopin come erede di Bach. In questo senso è atipico nell’ambito della musica da concerto, abbastanza singolare da attrarre un pubblico piccolo ma esigente a Barcellona, la città dove è stato invitato e dove incontrerà la donna graziosa dalla voce dolce e pacata.
Ma il Polacco è appena salito alla ribalta quando comincia a cambiare. Con la sua notevole chioma argento, le sue esecuzioni idiosincratiche di Chopin, il Polacco promette di diventare un personaggio decisamente originale. Ma per quanto riguarda la passione, il sentimento è fastidiosamente opaco. Al piano suona con passione, è innegabile; ma lo spirito colpisce come insolitamente secco e severo, può essere per via di una certa aridità del temperamento.

L’autore de “Il Polacco” di J. M. Coetzee

John Maxwell Coetzee è uno scrittore sudafricano di lingua inglese, ma di discendenza afrikaner. Nel 2003 viene insignito del Premio Nobel per la Letteratura.
Nelle sue opere narrative ha attaccato il sistema dell’apartheid e condannato il colonialismo nei suoi vari esempi storici, trovando il giusto equilibrio tra esigenza di denuncia e attenzione alle necessità tecniche ed estetiche del romanzo. Il suo esordio letterario avviene nel 1974 con Deserto, al quale fanno seguito Nel cuore del paese (1977), Aspettando i barbari (1980), Storia di una fattoria africana (1983), Foe (1986).
Coetzee esplora nuovi territori letterari con Il Maestro di Pietroburgo (1994), torna all’attualità con il romanzo Vergogna (1999, vincitore del Booker Prize; pubblicato in Italia nel 2002), esplorazione del Sudafrica post-apartheid.
Al 2000 risale La vita degli animali, trasposizione letteraria delle lezioni tenute nel 1997-98 all’Università Princeton sul maltrattamento e lo sfruttamento degli animali.
BUONA LETTURA DA RUFY!!